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La Sede


La Società, che andava svolgendo una fervida attività culturale e scientifica, non avendo una sede propria, teneva le sue riunioni, alternativamente, in un'aula del Palazzo di Città o nella Biblioteca Comunale o presso l'Archivio di Stato.



Il 22 Settembre 1886 il Presidente Vincenzo Fardella, marchese di Torrearsa, presidente del Senato, delegato dal Ministro della P.I., consegnava al vice-presidente senatore Andrea Guarneri i locali dell'ex Convento di S. Domenico che, per generose elargizioni di Enti locali, con la perizia e l'opera disinteressata dell'architetto Giuseppe Patricolo, acconciamente adattati al nuovo uso, riuscivano fra i più decorosi della città.
Nel 1890 la Società in questi locali fissava definitivamente la propria sede e con R.D. del 22 Maggio 1892 veniva eretta in Ente morale.

Ai locali ampi, luminosi, sobriamente decorati, si accede dalla Piazza S. Domenico, che si slarga dinanzi al Tempio omonimo, Panteon dei grandi Siciliani, sotto le cui volte si adunò, il 25 Marzo 1848, il libero Parlamentosiciliano e che fiancheggio quasi simbolicamente questo tempio della scienza e del culto delle patrie memorie. Un gioiello dell'insigne complesso monumentale è il chiostro. Lungo tre ambulacri, su alto stilobate, si ergono agili colonnine bianche, tortili e lisce, con capitelli variamente scolpiti, qualcuno con stemmi delle famiglie patrizie palermitane che contribuirono alla creazione del chiostro stesso. Esse sostengono un pulvino sul quale poggiano archetti acuti. In molte parti è evidente che trattasi di materiale di riporto. Il quarto ambulacro fu trasformato in neoclassico quando la chiesa contigua subì dei rifacimenti. Una pace serena, un incanto di suggestiva bellezza, un'aura nostalgica di tempi lontani spira da quelle fughe di colonnine, da quelle austere note architettoniche in armonia coi vecchi palmizi che si levano altissimi sul verde fiorito giardino centrale. Fiancheggiano il chiostro, sul lato di ponente, la Sala Pitrè adibita a biblioteca e sala di lettura; il Museo del Risorgimento, intotolato a Vittorio Emanuele Orlando sul lato di tramontana; la Sala Crispi, che conserva ritratti e cimeli del grande Statista, a levante. Questa, che fu già Cappella di S. Barbara eretta nel secolo XV, accolse in seguito lo Studio Pubblico delle Scienze dove insegnarono noti storici e umanisti domenicani del '400 e del '500: Tommaso Schifaldo, Pietro Geremia, Pietro Ranzano, Tommaso Fazzello, il creatore della storiografia siciliana e il più illustre medico siciliano del '500 Gianfilippo Ingrassia; più tardi fu sede temporanea dell'Accademia degli Accesi. Un ampio vestibolo adorno di busti marmorei dei principali attori della rivoluzione del 1848-49 e dove sono esposti i ritratti dei Mille, stampe, incisioni relative al '48 e al '60, conduce, dopo un invito di pochi gradini con un ripiano illuminato da grande vetrata a colori, al grande scalone di marmo rosso siciliano, dove figurano: una statua marmorea, allegoria della Storia, opera della scuola di Valerio Villareale, lapidi commemorative e una targa col medaglione di G. Patricolo, l'ideatore dei restauri dei locali. L'imponente scalone immette in un'ampia sala quadrata dove domina su stele un busto di Michele Amari dello scultore Mario Rutelli.
La sala è dedicata al grande storico del Vespro la cui ricca e preziosa raccolta di libri si allinea intorno su alti scaffali insieme con le collezioni di riviste italiane e straniere, aggiornate, che la Società riceve in dono o in cambio, certamente fra le più ricche in Sicilia.Due tele alle pareti rappresentano episodi della vita palermitana dei Borboni Ferdinando IV e Maria Carolina, come la loro presenza alla pesca del tonno a Solanto, dovute al pittore siciliano del primo ottocento, interessanti per la riproduzione dei costumi dell'epoca. Di fronte all'ingresso, sulla ringhiera del ballatoio, è un ottimo ritratto ad olio del benemerito padre Luigi Di Maggio al quale é dedicato il contiguo salone. Nel rifacimento del Patricolo esso, che misura m. 33,30 di lunghezza, m. 9,70 di larghezza e m. 7,50 di altezza, è di puro stile rinascimentale con soffitto in noce e cassettoni, decorato sulla parete di fronte con un grande affresco che rappresenta Federico II e la sua corte imperiale, fincheggiato da due pannelli alle pareti laterali uno dei quali ricorda il grande Conte Ruggero alla battaglia di Cerami, l'altro ingresso in Palermo di Pietro III d'Aragona. Questi ultimi sono incompiuti. Sono essi opera del pittore Gino Morici. Dieci vetrate a colori con ornati e simboli, dovuti al pittore Pietro Bevilacqua, accrescono la suggestione di una pacata luce iridescente alla impotenza e severità del salone il quale, capace di contenere circa seicento persone, è riservato alle grandi adunanze per conferenze e cerimonie di maggiore rilievo.
Dal salone si passa a un lungo corridoio dalle cui pareti pende una interessante serie di antiche e moderne piante della città e dell'isola. Esso immette, da un lato, a varie sale delle quali alcune destinate agli uffici: Presidenza e Segreteria, altre accolgono parte della biblioteca. Sono le Sale Fazello, Lodi, Ragusa-Moleti, intitolate le ultime due ai donatori dei libri che vi si conservano.